martedì 19 maggio 2015

Li Shan e Mao: tutto quello che può dirci un fiore

Li Shan 李山nasce nel 1942 a Lanxi, nella provincia dello Heilongjian. Studia alla Shanghai Academy of Drama, solo dopo aver abbandonato un corso di studi in lingue, vinto per merito. La Rivoluzione Culturale rallenta il suo corso di laurea, che si conclude nel 1968 quando la situazione politica è troppo complessa per poter intraprendere una carriera artistica. Accetta la cattedra di pittura all’interno dell’accademia, tenendo corsi sulla base delle norme de Realismo Socialista. Li Shan, da sempre appassionato di natura selvaggia, trova che lo stile sovietico non riesca a rendere la poesia che si cela dietro ad un paesaggio, così inserisce nozioni di pittura francese, confessando la propria ammirazione nei confronti di Paul Gauguin e Henri Rousseu e attirando di conseguenza le critiche da parte dell’accademia. Nel 1969 lavora in una fattoria militare nella provincia del Zhejiang. Partecipa alla mostra China/Avant-Garde Exhibition del 1989 a Pechino con una performance dal nome Washing Feet e agli inizi degli anni Novanta inizia ad acquisire fama, diventando uno degli esponenti più rappresentativi del Political Pop. Si distingue maggiormente per le rappresentazioni di Mao, caratterizzate dall’uso di colori molto forti che ricordano i poster di propaganda, dai quali l’artista è evidentemente influenzato. 

“Chiamala storia personale. Nel 1989 sentii di dover guardare indietro a quel periodo (crescere sotto Mao). Questo perché, per me, Mao è un simbolo culturale e non politico. Ho ricavato molto da quel momento, da quel periodo storico. Non sarei andato da nessuna parte senza Mao” [1]

Li Shan, Mao con fiore (Rosso), 1990,
acrilico su tela, 110,5 x 127,8 cm,
collezione privata, (www.artnet.com)

Le stesse parole dell’artista rivelano come Mao sia sempre stato presente nella sua vita. Li Shan mostrò interesse per la pittura già da ragazzo, iniziando a dipingere Mao nelle pose ufficiali alle quali erano abituati i cinesi dell’epoca maoista. Scoperta successivamente la passione per la natura, passa alla raffigurazione di scene rurali. A Shanghai, dove l’arte era soggetta a meno pressioni per via della lontananza dal cuore politico di Pechino, inizia a frequentare i membri del New Art Movement, scoprendo gradualmente nuove forme di pittura e di espressione. Tuttavia, la vera svolta nella carriera di Li Shan sarà la nascita della figlia Yang Li, la quale provocherà un distacco psicologico ed emotivo dall’epoca maoista [2]Il trascorrere del tempo porterà lartista a riflettere sul valore delle proprie esperienze, e alla rappresentazione di tali in uno stile completamente nuovo. Negli anni Novanta realizza la serie Rosso (Yanzhi xilie, 胭脂系列) che, a detta dello stesso artista, è la serie che gli ha permesso di scoprire e apprezzare la sua vera espressione artistica.
Li Shan inizia la serie Rosso nel 1988 ma solo nei primi anni Novanta compaiono i primi volti di Mao. 
L’artista produrrà per diversi anni una grande quantità di tali ritratti, utilizzando come modelli esclusivamente due fotografie del leader: una risalente agli anni Trenta, da giovane, probabilmente scattata da Edgar Snow e la classica posa di Tiananmen  [3]
Questo utilizzo così ridotto rispetto alla grande quantità di immagini ufficiali del Presidente suggerisce innanzi tutto l’impronta personale dell’artista che ha legato la propria memoria a due momenti specifici dell’epoca maoista e si propone di esprimerne l’esperienza in merito.  È infatti la propria versione dei fatti che l’autore vuole raccontare e non la storia nazionale, sebbene ne utilizzi il simbolo.  
Mao non verrà utilizzato come un elemento politico, per quanto lo sia, ma come un elemento culturale, qualcosa che fa parte e si mescola con la cultura cinese.  Tale elemento emerge già dal titolo della serie: Yanzhi胭脂, che significa belletto, trucco, e rimanda subito alla tradizione teatrale dellopera lirica. In uno dei primi lavori della serie, Mao con fiore il Presidente è ritratto a metà, col volto truccato di un rosa acceso. 
Come vediamo, questa interpretazione è totalmente differente da quelle precedenti di Wang Keping o Luo Zhongli, dal momento che la sua immagine viene non solo palesata dai tratti specifici di Mao, ma soprattutto rinnovata e trasfigurata.  
Il Grande Timoniere perde in questa immagine tutta l’autorità che è solita portare una sua rappresentazione, ne evidenzia un lato nuovo, sconosciuto. Il trucco evidenzia le parti del viso e le esagera, porta con sé un’idea di eccesso, accentuato dal fiore che tiene in bocca.   Il personaggio che incarna è un xiao bailian 小白脸 (letterale: piccolo volto pallido), col quale si intende la figura del dandy.  Mao viene dunque ad assumere diverse forme, da una parte attore dopera dalla sessualità dubbia, dallaltro rubacuori dallaspetto giovane e delicato. In ambedue le forme c’è però un elemento in comune, quello del sesso, che come sostiene il critico Lu Peng吕鹏, sarebbe il vero significato della serie yanzhi 胭脂 [4].  
La parte del personaggio maschile che interpreta un ruolo femminile, come era consuetudine nell’opera cinese, suggerisce una dimensione femminile associata a Mao.  Con questo Li Shan non vuole mettere in dubbio la sessualità del Presidente, quanto riflettere sul tema dell’omosessualità.  Per molti secoli l’amore tra sessi uguali era una pratica comune e accettata in Cina ma con l’avvio verso l’epoca moderna, le attitudini sessuali furono soggette a cambiamenti.  
Durante l’epoca maoista la sessualità era vista come una forma di soggiogazione alle passioni, e dunque negativa.  Qualsiasi sospetto di omosessualità in particolare, veniva punito con torture psicologiche e corporee. Con la fine dell’era maoista e l’inizio dell’epoca di apertura e riforma, l’omosessualità riemerse dall’oscuro, soprattutto nei grandi centri, pur essendo soggetta a pregiudizi sociali.  L’accostamento di Li Shan dunque è di carattere culturale, non politico né infamatorio. L’artista cerca di ricostruire alcuni tratti di tale periodo, scegliendo quello della sessualità e utilizzando come soggetto Mao Zedong, responsabile esso stesso dei cambiamenti sociali in merito all’argomento.  La domanda del perché di tale personaggio è anch’essa racchiusa nell’aspetto culturale.  
La propaganda cinese, servendosi di manifesti, canti, testi, e di qualsiasi altro mezzo a sua disposizione, ha costruito un’immagine soprannaturale del leader.  Come sostiene lo stesso artista “[…] Era una figura straordinaria, piena di bellezza” [5]ecco dunque perché viene rappresentato con tali caratteristiche. Allo stesso modo, il legame tra la figura del leader e il concetto di sessualità propone la riflessione sul delicato rapporto tra perversione e potere. La scelta del tema va ricercata inoltre nella biologia. Ancora una volta la propaganda cinese ha il suo peso.  L’omosessualità era definita come un difetto genetico, pertanto solo legami sanguigni privi di tale difetto potevano assicurare il futuro della progenie.  
L’aspetto biologico, rimarrà una costante non solo della Rouge Series e delle raffigurazioni di Mao, ma della totalità dei lavori.  Tale richiamo è qui rappresentato dal fiore di loto che Mao tiene in bocca, in quanto elemento naturale.  Il fiore tuttavia ha anche un secondo scopo, richiamare cioè il suo valore culturale.  
Fin da tempi antichi esisteva unusanza chiamata Loto dOro (Guojiao 裹脚o Chanzu 缠足: fasciatura dei piedi) che consisteva nel bendaggio dei piedi delle giovani donne.  Era una pratica estremamente crudele e dolorosa, dal momento che le tutte le dita escluso l’alluce venivano portati sotto alla pianta e si procedeva all’inarcamento dell’osso per ridurre la lunghezza del piede. Le piccole dimensioni dell’arto erano considerate una qualità erotica.  
Le donne, costrette a sorreggersi su pochi centimetri, assumevano un andamento oscillante, paragonabile ai fiori di loto mossi dal vento, che divennero pertanto un simbolo sessuale. 

Lo stesso fiore compare in Rouge No. 2, realizzato nel 1992. Anche qui vediamo il volto di Mao imbiancato dalla cipria e con le guance e labbra accentuate dal colore rosso. In bocca sorregge il fiore di loto, che conferisce alla figura un’aria maliziosa. 

Li Shan, Serie Rosso No.21, 1992, acrilico su tela, 119 x 160 cm, collezione privata, (http://www.artnet.com)
Questa volta però, il fiore non rappresenta il sesso solo simbolicamente, ma anche figurativamente. Come possiamo vedere infatti la posizione dei petali crea una composizione che ricorda la vagina. Il sesso determina ancora l’interpretazione del lavoro, troviamo di nuovo la figura del xiao bailian e un rechiamo specifico alla femminilità. L’ambiguità di Mao è nuovamente uno strumento per indagare sui tabù sociali legati alla sessualità. Li Shan ne fa una questione di equilibri: l’uomo mascherato da donna da una parte e il simbolo del sesso femminile dall’altra nascondono uno sbilanciamento dello Yin e Yang, elementi che dovrebbero coesistere armonicamente e che invece si ritrovano a lottare. Le caratteristiche somatiche del leader, arricchite dal copioso trucco, rispettano gli standard di bellezza femminile, come la rotondità, simbolo di buona fortuna, o il pallore, che indica purezza, ma si percepisce una predominanza dello Yang, parte maschile.
Sullo sfondo della figura è rappresentato il Bund di Shanghai, scelto appositamente come luogo simbolo dell’omosessualità. Come si è detto, i grandi centri erano più aperti rispetto a Pechino, dove risiedeva e risiede tuttora il cuore del Partito. Verso la metà degli anni Ottanta la riva qui rappresentata divenne un punto di ritrovo per la comunità omosessuale. Come sostiene lo stesso artista:
 
“Il fatto che abbia scelto persone sessualmente ambigue per collegare i miei dipinti all’esperienza personale, ha molto a che fare con Shanghai. Qui è speciale: i xiao bailian esistono anche in altri luoghi ma Shanghai è una città più sviluppata e la loro presenza è largamente più accettata” [6].
 Li Shan, Mao e l’artista I, 1994,
acrilico su tela, 148 x 179 cm,
 Hong Kong, Collezione Hanart TZ Gallery,
(www.artnet.com)

Nel 1994 dipinge Mao e l’artista I (Rouge No. 60), al quale seguirà lo stesso anno Mao and the artist II (Rouge No. 69). Le raffigurazioni presentano gli stessi due personaggi, ritratti in due posizioni e periodi differenti. Li Shan si ritrae accanto al Grande Timoniere, in una posizione che gli fa da specchio. I due uomini guardano l’osservatore come se lo invitassero a notare le differenze tra i due. Sono entrambi molto giovani, elemento che l’artista usa per mettersi allo stesso piano del leader. Sebbene non presenti gli stessi connotati delle altre opere, è forse il lavoro che più rende omaggio alla libertà di espressione. 
L’accostamento di un uomo comune ad un personaggio del calibro di Mao Zedong, considerato per certi versi divino, è opera di un coraggio espressivo che rivela una grande volontà di ribellione. Non è un caso che entrambi tengano in mano il fiore di loto e che Li Shan lo spinga più in alto del Presidente, quasi a dichiarare la sconfitta del suo oppressore. E non è un caso neanche che scelga come immagine del leader una fotografia da giovane, che sfati la visione autoritaria e invincibile di Mao.
Nell’ultimo lavoro presentato, Li Shan utilizza la stessa foto da giovane. Mao è ritratto nella classica posizione laterale, ma presenta nuovamente il particolare del fiore appeso in bocca, che ancora una volta spezza e stravolge la tradizione iconografica del leader. È ritratto su uno sfondo rosso, che simboleggia ardore politico, e in particolare il periodo della Rivoluzione Culturale, ma anche passione, come il fiore. Riprendendo lo stile dei manifesti di propaganda e aggiungendo elementi legati alla propria esperienza, l’artista attua una perfetta fusione tra versione ufficiale e interpretazione personale.
Li Shan, Senza titolo (Serie Rosso),
1995, olio e stampa su tela,
130 x 186 cm,
 Mauensee, Collezione Sigg.,
(www.artnet.com))

Questo nuovo volto di Mao sarà prodotto in moltissime versioni dall’autore. Che sia dipinto con un fiore in bocca, una farfalla che orina sul suo volto, o in versione duplicata, Mao svolge sempre lo stesso ruolo, raccontare l’esperienza del suo creatore.  
Guardando le opere di Li Shan, non si ha la percezione della quantità di richiami culturali che si nascondono dietro ad uno dei volti più noti del mondo. Spesso ci si ferma al messaggio politico, presente solo di sottofondo, utilizzato come strumento per catturare l’attenzione. Con questo non si può affermare che i lavori siano privi di valore politico. Abbiamo visto come la propaganda incida in maniera determinante sulla scelta del soggetto e del tema. Gli stessi colori non sono casuali, in quanto richiamano quelli utilizzati dai manifesti durante l’epoca maoista. L’elemento però che più di tutti rende gli esponenti del Political Pop degli artisti d’avanguardia è l’uso di simboli politici, sociali e culturali tradotti in sentimenti ed esperienze. Il movimento ha avuto un significato più profondo della semplice profanazione dell’immagine di Mao, o della sua trasformazione in icona pop. Il leader è proposto come via di mezzo tra la storia della Cina e l’elaborazione personale delle sofferenze, non c’è un’idea di distruzione dell’immagine a se stante, è una distruzione connessa alla ricostruzione interiore.




[1]  SMITH, Karen, Nine Lives: the birth of Avant-Garde in New China, Timezone 8, North America, 2008, p. 223
[2] Ibidem, p. 248
[3] DAL LAGO, Francesca, Personal Mao: Reshaping an Icon in Contemporary Chinese Art, cit., pp. 47-59
[4] LU, Peng, 吕鹏, Zhongguo dangdai yishushi 1990-1999, 中国当代艺术史 19901999, Hunan Meishu Chubanshe, 湖南美术出版社, 2000, p. 174
[5]  SMITH, Karen, Nine Lives: the birth of Avant-Garde in New China, cit., p. 240
[6] SMITH, Karen, Nine Lives: the birth of Avant-Garde in New China, cit., p. 256

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